Agroalimentare
12/11/2014
La produzione agricola in Italia
Accademia Nazionale di Agricoltura
Sebbene in ogni Nazione l’Agricoltura sia stata sempre considerata un settore primario e irrinunciabile, nel mondo occidentale essa si è radicalmente trasformata a partire dalla metà del ’900 quando, da principale ambito di impiego della mano d’opera, ha progressivamente ridotto il numero degli addetti, fino a contrarlo massicciamente a favore di settori economicamente più forti, particolarmente negli ultimi cinquant’anni; questo generale processo si è accompagnato ad una riorganizzazione agraria basata su moderne tecnologie, sulla meccanizzazione e su innovazioni produttive in grado di trasformare le realtà agricole in unità di maggiore dimensione in termini di produzione lorda vendibile (plv).
Oggi, in Italia, la produzione agricola è ampiamente caratterizzata da un’azione che privilegia la qualità, scelta che si conferma essenziale al sostegno dell’importante filiera del made in Italy.
Rigidi processi produttivi e severi controlli sempre più garantiscono il binomio qualità-sicurezza, incidendo tuttavia negativamente sulla competitività dei prezzi, penalizzando i costi di produzione e portando a rischio il bilancio aziendale. Oltre a ciò, la globalizzazione da un lato e disinvolte triangolazioni operate dai mercati dall’altro, finiscono per erodere ulteriormente le già risicate economie aziendali, attuando spesso una concorrenza sleale sul piano della qualità e ancor più su quello della sicurezza delle derrate alimentari, tanto che stiamo assistendo al dilagare della contraffazione dei nostri più prestigiosi prodotti e marchi sui mercati internazionali.
Per fronteggiare tutto ciò, potremo agire efficacemente in difesa del made in Italy soltanto se prenderemo coscienza del fatto che oggi il termine “Agricoltura” ricomprende una complessa e unitaria filiera che inizia dalla produzione della materia prima e termina con il prodotto offerto al consumatore.
Il mondo agricolo deve lavorare per attrarre il mondo della trasformazione con la qualità dei suoi prodotti, e quest’ultimo deve a sua volta garantire una valida rete di commercializzazione, secondo un processo che giunga fino al consumatore e al suo diritto di conoscere ciò con cui si alimenta (sia riguardo ai contenuti, sia alla provenienza degli stessi); egli dovrà così essere incentivato a garantirsi sempre più in termini di sicurezza alimentare, principalmente attraverso la scelta della qualità dei nostri prodotti.
Italia: importazioni e esportazioni 2012 settore agroalimentare (milioni di euro)
Italia: saldo commerciale industria alimentare 2012 - principali comparti (milioni di euro)
Italia- Industria alimentare - Importazioni e esportazioni 2012 per comparti (milioni di euro)
Italia- Settore primario: saldo commerciale 2012 - principali comparti (milioni di euro)
Inaugurando il 207° Anno Accademico, l’Accademia Nazionale dell’Agricoltura intende avviare un ampio ed aperto dibattito sul tema, a partire dalla necessità di un moderno accordo etico tra il produttore e il vasto mondo della cooperazione e della trasformazione, nella convinzione che l’Accademia stessa – e meglio ancora le Accademie in rete tra loro – debba far sentire il suo valore storico e culturale nei confronti dei grandi temi della qualità e della sicurezza alimentare, con lo scopo primario di tutelare i nostri prodotti e, dunque, i consumatori stessi.
Considerazioni sullo scenario economico degli scambi commerciali con l’estero
Una rapida analisi delle singole voci che compongono lo scenario import-export dell’intera filiera agro-alimentare (fig.1) mostra come alcune commodities o prodotti presentino un saldo commerciale negativo a fronte di una positività di bilancio complessiva quando vengono inclusi i prodotti industriali esportati. Un esempio è dato dai cereali che presentano nel 2013 un saldo negativo di -2.500 milioni di euro (ME) a fronte di un export dei loro derivati pari a 4.444 ME e un contemporaneo import di 1.268 ME, con un saldo grossolano positivo pari a 676 ME.
L’esempio pone alcuni quesiti fra cui: sarebbe possibile contenere il deficit dovuto alla massiva importazione di cereali mediante l’uso di moderne tecnologie (ad esempio quelle derivate dall’ingegneria genetica) come avviene in molti Paesi esteri da cui importiamo? La qualità e la sicurezza di tali cereali di importazione, nonché le tipologie di produzione rispondono a quanto le norme italiane impongono ai nostri produttori? È possibile controllare a valle se sussiste una corrispondenza in temini di qualità tra le diverse produzioni di quei Paesi da cui importiamo?
Da anni il saldo della bilancia commerciale italiana del settore agro-alimentare si mantiene negativo, all’incirca attorno a -6/7.000 ME (Tab. 1), a causa di un aumento costante e parallelo di importazioni ed esportazioni, voci che si sono attestate nel 2012 rispettivamente attorno a 38,5 e a 32,1 miliardi di euro (MdE). Nel 2013 il saldo è sceso sotto i 6 MdE, in quanto il settore ha registrato aumenti significativi delle esportazioni rispetto le importazioni, rispettivamente 33,9 e 39,7 MdE (Tab. 2).
Tabella 1 - Bilancia commerciale del comparto Agroindustriale in Italia, 2012.
(Fonte: INEA, Annuario dell’Agricoltura italiana 2012, Roma 2013)
Tabella 2. Importazioni e esportazioni di prodotti agro-alimentari in Italia nel 2013 - valori in milioni di euro.
(Fonte: INEA, L’agricoltura italiana conta 2013)
Gli sforzi degli ultimi anni per valorizzare le esportazioni agroalimentari hanno portato qualche miglioramento, anche se permangono difficoltà connesse alla “resistenza” e alla “adattabilità” ai cambiamenti dell’intera geografia economica mondiale, con particolare riferimento alle produzioni e ai consumi alimentari. Nel nostro Paese, la prolungata crisi finanziaria ed economica, iniziata nel 2007/08, ha investito in modo profondo il sistema produttivo nel suo insieme ed il settore manifatturiero in particolare, mentre l’industria alimentare si è contratta in misura minore.
Sul piano di una corretta strategia economica si pongono i seguenti quesiti: il made in Italy potrebbe avere un incremento nelle esportazioni, producendo una conseguente riduzione del disavanzo commerciale, implementando ulteriormente la “sicurezza” dello standard qualitativo raggiunto dal nostro già apprezzato prodotto finito? Quali strategie di sicurezza potrebbero essere sottoposte a discussione per una loro possibile accettazione e diffusione?
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