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Editoriale

11/03/2013

Editoriale

Qualche tempo fa è finalmente arrivata la risposta alla domanda "a cosa servono i giornalisti, a cosa serve il loro Ordine?". L'hanno data, in diretta, due voci radiofoniche.

Sabato 27 maggio sui 97.3 e 97.6 di Radio International il giornalista Leo Vicari (dipendente dell'azienda) si è opportunamente dissociato in diretta dagli insulti agli juventini pronunciati da un tale Davide, incitato all'uopo dal conduttore, all'anagrafe Nicola Tagliavini, nel "Made in Bo" (trasmissione di commento sportivo) successivo a Bologna-Juventus. Ha fatto quello che un giornalista normalmente fa, ovvero indirizzare, condurre, filtrare, se del caso dissociarsi. Poco importa se ciò è stato poco gradito dall'anchorman, anzi avere insistito (e non era la prima volta: bastava forse solo ascoltarlo...) è stato un forte titolo di merito. Giornalistico, certo, ma rispondente al solo buon senso. E' una merce che si ha o non si ha.

Mesi prima, sbeffeggiata e irrisa dai più, un'altra giornalista, Cristina Accarisi, per prima levò in diretta (su un'altra radio, Nettuno, di cui è dipendente) la voce contro i soprusi verbali della trasmissione, fatta non esclusivamente ma soprattutto di insulti ai giornalisti che si occupano abitualmente del Bologna. La Accarisi svelò per prima che il programma oggetto del can can mediatico attuale altro non era che un format, ed è curioso che a demolirlo ci abbia pensato un altro format, quello della Zanzara in onda su Radio 24. Cruciani la sera successiva ha ospitato il conduttore dandogli del "codardo": un giorno, forse, anche la Zanzara finirà inghiottita da un suo Davide.

La trasmissione è sospesa, il conduttore ha orovato a ricollocarsi radiofonicamente altrove senza successo. La morale di quanto accaduto è che il pubblico del calcio si infuoca facilmente ascoltando il Masaniello di turno. E che il giornalista è apparentemente perdente se i toni si fanno concitati e l'aggressività verbale cresce ma alla fine, se tiene la barra diritta, è vincente.

 

 

 

luglio 2024


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di: Alberto Bortolotti

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