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Cultura e Spettacolo

14/03/2017

Luca Bianchini, un pomeriggio di chiacchiere insieme


Luca Bianchini, insieme a Beppe Cottafavi, ha presentato domenica 19 marzo per la rassegna “Incontri con gli autori” il suo ultimo libro “ Nessuno come noi” edito da Mondadori, regalando al pubblico un pomeriggio gradevole grazie alla sua spigliata dialettica in un viaggio attraverso la sua adolescenza.


Luca Bianchini si presenta come un vulcano al pubblico del Forum Monzani, un uomo spigliato e divertente, dalla battuta pronta e capace di scherzare e interagire con i presenti, regalando un pomeriggio di divertimento e revival, portando la fine degli anni ottanta alla ribalta del dibattito. Luca viene presentato sul palco da Beppe Cottafavi, una figura eminente del panorama editoriale locale, sembra che i due si conoscano da una vita grazie alla spontaneità con la quale gestiscono il continuo botta e risposta, tra domande, ricordi e battute. Bianchini scherza subito con il pubblico, definendo Modena una città seria, incalzando Cottafavi che fa una citazione storica di un altro grande cittadino modenese, Antonio Delfini, il quale definì i modenesi “cittadini inglesi travestiti da tedeschi”, facendo ridere i presenti.


Bianchini continua a camminare sul palco scusandosi e dicendo che alle presentazioni, potendo, preferisce non sedersi e parte raccontando della sua professione iniziale, quella di copywriter, con la quale è riuscito a togliersi diverse soddisfazioni con pubblicità di marchi importanti a livello nazionale, passando poi alla scrittura di libri e qui Cottafavi lo stuzzica dicendogli che non è più nella categoria dei principianti, avendo scritto vari romanzi, ma neanche nella categoria dei veterani, poi lo premia con un grandissimo complimento, dicendo che leggere Bianchini è come bere un bicchiere di vino rosso dopo una giornata di lavoro, come rivedere un capolavoro come “Colazione da Tiffany” o “Pretty Woman”, come saltare il lavoro per andare al mare perché è uno dei più bravi a scrivere di relazioni, uno scrittore di commedie che il pubblico vuole assolutamente rivedere. Il grande successo arriva con “Io che amo solo te”, un libro che ha la luce giusta, la luce mediterranea e accecante che fa stare bene ed è stato ambientato in un luogo incantevole, Polignano a Mare, uno dei luoghi più belli al mondo. L’ultima fatica letteraria di Bianchini invece è ambientata a Torino, alla fine degli anni ottanta, gli anni del liceo per lo scrittore che è nato a Nichelino, un paesino collegato a Torino da un ponte, nato ed esploso insieme alla Fiat, un paese pieno di palazzi orribili e tamarri sparsi ovunque e Bianchini era quello da picchiare, forse perché era quello che si guardava sempre attorno curioso di tutto. Il liceo Luca lo ha frequentato davvero a Moncalieri, scuola che gli ha donato una capacità narrativa eccezionale. La scuola di cui si parla nel libro è un liceo di confine frequentato sia da quelli bravi che dai figli dei ricchi che scendevano dalle colline, una miscela tra poveri e ricchi dove potevano avvenire scambi. Il protagonista, che somiglia a Luca è Vince ed è innamorato di Caterina, detta Cate, che vive a Trofarello, paesino dove erano molti più i piemontesi rispetto a Nichelino. Questo aspetto per Bianchini è sempre stato complicato da spiegare, lui che ha un papà toscano, di Siena precisamente e una mamma siciliana, ma nata a Tunisi e tutte le volte che si è trovato a raccontare della provenienza della mamma tutti se ne stupivano. Nascere a Nichelino una volta gli sembrava riduttivo, ma ora, dopo tanti anni si rende conto sia stato formativo. Il libro è nato appunto nelle terre del suo passato, ha copiato dalla sua vita alcuni aspetti, come la tintoria della sua mamma, che nel libro è di Cate. La storia è nata prendendo spunto da due diari, il suo e quello della sua amica e compagna di banco e qui Luca si perde a raccontare di Michela Pozzo, la compagna della quale era innamorato, la ragazza più bella della scuola, quella che quando lo ha salutato lui subito lo ha annotato felice sul diario come fosse un evento, poi passa a raccontare di quando si sono rivisti, della loro mancata storia d’amore perché lei non aveva mai inteso l’interesse di lui e i successivi contatti via sms, strappando tante risate al pubblico. Poi si torna a parlare del libro che ricorda le cabine telefoniche e i gettoni, il telefono a casa attaccato al muro, che quando suonava scattavano tutti a rispondere, tranne il capofamiglia che sembrava il più disinteressato, mentre gli altri si scatenavano convinti che la chiamata fosse per loro, mentre oggi, se riceviamo una chiamata da un numero anonimo rispondiamo quasi schifati e diffidenti. Altro elemento di nostalgia era il mondo dei paninari, con le Timberland ai piedi e la cintura rigorosamente firmata El Charro. Bianchini non era di famiglia benestante ma è cresciuto con la mamma che ogni tanto tirava fuori dal cassetto le 50.000 lire e gli sussurrava “Non diciamolo al papà” così che lui potesse comprarsi qualcosa di firmato, come la maglia della Best Company, che era un must. La colonna sonora del libro è “Ragazzi di oggi” cantata da Luis Miguel anche se Bianchini ricordando la sua adolescenza cita il dualismo per eccellenza, quello tra Duran Duran e Spandau Ballet, rivelando che lui amava particolarmente questi ultimi, oltre ad un altro gruppo storico e di fama internazionale, gli U2, insieme a canzoni definite senza tempo, “Quello che le donne non dicono” di Fiorella Mannoia e “With or without you” degli U2. Caratteristica curiosa legata ai suoi libri è che tutti, fino circa ad un mese dall’uscita in libreria hanno un titolo che poi lui finisce sempre per cambiare pochi giorni prima della loro stampa. Luca non ha figli ma definisce i libri come i suoi figli ed ognuno ha il suo carattere, “Io che amo solo te” ad esempio è proprio fortunato. Tornando a parlare di sé, Bianchini racconta di essersi innamorato della sitcom statunitense “Tre cuori in affitto”, mentre la madre era una fan sfegatata di “Dynasty” e insieme hanno visto ogni sorta di telenovelas. Citando i libri della sua adolescenza Luca elenca tre volumi che lo hanno segnato, “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, “Il nome della rosa” e “Cime tempestose”. Bianchini afferma che è bello scrivere d’amore e che non se ne stanca mai, che negli esseri umani ama gli sbagli, come il tennista Federer, che ha sempre rappresentato la perfezione, ma che lui ha imparato ad amare da quando ha iniziato a perdere, mostrando la sua umanità. Tornando ai suoi compagni di classe, ricorda che quando li ha rincontrati insieme ai professori ha chiesto ad una prof di annunciarlo ma lei gli ha risposto “Ok, ma chiedimelo davanti a tutti altrimenti mi metti in difficoltà con i colleghi” e lì ha capito che gli insegnati non sono un plotone d’esecuzione tutti in fila contro l’alunno ma sono esseri umani, ognuno con i suoi pregi e i suoi difetti. Bisogna aver fiducia negli insegnanti anche quando sembra che ce l’abbiano con te, a volte siamo vittime, altre volte ne beneficiamo, la vita è ingiusta, ridiamoci sopra. E con questo incitamento Luca Bianchini saluta il pubblico tentando di farsi un selfie insieme a Cottafavi e al pubblico, strappando tanti applausi prima di dedicarsi ai saluti, agli autografi e alle foto insieme ai suoi tanti appassionati, dimostrando una grande sensibilità e attenzione verso il suo pubblico.

 

 

 

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