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TESTO DI

Alessandro Maresca

L’importanza delle produzioni di qualità nell’economia nazionale

Ci stiamo trovando nel bel mezzo di una crisi, pesante e profonda. Le proiezioni dell’Istat indicano che il 2012 si chiuderà con una riduzione del Pil del 2,3% e che il 2013 vedrà un’ulteriore riduzione del Pil dello 0,5%. La crisi la viviamo ogni giorno sulla nostra pelle e ci accorgiamo di quanto tutto sia più faticoso e come sia sempre più difficile far quadrare i conti. Non dobbiamo però annullare la nostra voglia di venirne fuori come se non ci fosse ormai più niente da fare: gli eventi ci insegnano che è proprio nei momenti di crisi che emergono le idee migliori.

 

I giornalisti dovrebbero iniziare a fornire un quadro meno sensazionalistico e tenebroso di questa crisi e la cronaca di questo periodo di difficoltà dovrebbe assumere una diversa connotazione. È compito, lo sappiamo, dei mass media raccontare questa crisi, ma la sua cronaca deve essere fatta, possiamo dire, in modo più «distaccato» evitando di trarre sempre e comunque conclusioni tragiche. È vero, la situazione è difficile, ma con la voglia e l’impegno di tutti ne possiamo gradualmente uscire, sia pure a costo di qualche sacrificio. Sarebbe opportuno che i mass media cominciassero a riportare, accanto ai fatti più tragici (vedi i suicidi di imprenditori) anche esperienze virtuose di chi ha voglia, seriamente, di rimboccarsi le maniche. D’altra parte, come dice qualcuno, è finita l’era di “soli diritti” ed è iniziata quella dei “doveri”, da molti troppo spesso trascurati.

 

Ma veniamo al dunque. La crisi economica che sta affliggendo il nostro Paese non ha certo risparmiato il settore agricolo. Questo però, rispetto ad altri settori dell’economia italiana, appare un po’ più in salute e per qualche aspetto addirittura in controtendenza. I dati Istat, infatti, indicano che in agricoltura crescono sia il Pil che l’occupazione, grazie anche alle capacità e alla dedizione di molti nuovi giovani imprenditori. Il motore pulsante di questo trend, in un sistema di prezzi dei prodotti agricoli molto volatile, è sicuramente il miglioramento di alcune produzioni come quelle ortofrutticole e vitivinicole.

 

Mentre la disoccupazione giovanile a settembre, si tratta ancora di un dato Istat, si è attestata sul 35,1% (in aumento di 1,3 punti sul mese precedente e di 4,7% nel confronto tendenziale), secondo Cia e Coldiretti l’agricoltura italiana segna un valore in controtendenza. Nel secondo trimestre 2012, infatti, i lavoratori dipendenti sarebbero cresciuti di circa il 10% mentre quelli indipendenti, ossia le nuove imprese, del 2,1%. Segnaliamo, in particolare, che 1 lavoratore assunto su 4 ha meno di 40 anni e, per la prima volta in 10 anni sono cresciute le aziende agricole condotte da giovani agricoltori. Oggi sono circa 62mila le aziende che vedono al vertice imprenditori under 30, e di queste 62mila più del 30% sono condotte da giovani imprenditrici.

 

E sono proprio i giovani imprenditori i più sensibili alle produzioni tipiche e di qualità, quelle produzioni che meno risentono della crisi, molto apprezzate anche nei mercati esteri, dove purtroppo proliferano anche produzioni made in Italy contraffatte che con l’agroalimentare italiano non hanno niente a che fare.

 

Il falso made in Italy alimentare raggiunge i 60 miliardi l’anno, ripartiti in 54 miliardi di Italian sounding (ovvero quelle produzioni che in maniera artificiosa richiamano, con le denominazioni, eccellenze del made in Italy) e 6 miliardi di contraffazione vera e propria. Secondo stime di Federalimentare i falsi raggiungono quasi la metà del fatturato alimentare (che è di 127 miliardi) e valgono più del doppio dell’export nazionale di settore (pari a 23 miliardi). Questo sta a significare che su questo fronte c’è molto da lavorare per ricreare il giusto spazio alle produzioni del nostro Paese.

 

C’è da dire, oltre tutto, che in seguito al verificarsi di truffe e sofisticazioni, e all’accresciuto senso della ricerca della genuinità, i prodotti di qualità trovano larga approvazione fra il pubblico dei consumatori anche in un periodo come questo in cui si cerca di dirottare le spese verso acquisti sempre più economici.

 

Secondo l’ultimo censimento agricolo le aziende italiane che hanno coltivazioni o allevamenti certificati Dop e Igp sono più di 180mila, ossia l’11,2%, ma questo dato risulta in progressivo aumento. In queste 180mila sono comprese le aziende vitivinicole che producono vini Doc e Docg. Le aziende con allevamenti certificati sono circa 32mila, ossia il 14,4% delle aziende in complesso con allevamenti.

 

Più di un terzo (35,5%) delle aziende Dop/Igp risulta localizzato nella ripartizione geografica del Nord-est. Si distinguono in particolare il Veneto con 24.500 aziende,  la Toscana (16.700), l’Emilia-Romagna (15.500) e il Piemonte (15.300).

 

Fra le produzioni di qualità non possiamo dimenticare, accanto a Dop e Igp, quelle biologiche. Sempre secondo il censimento del 2010 le aziende biologiche italiane sono quasi 45mila e rappresentano il 2,8% delle aziende totali. Queste sono soprattutto al Sud e nelle Isole (62,5%) dove si concentra anche il 71% della superficie biologica complessiva. In Italia la superficie biologica rappresenta mediamente circa il 10% di quella totale con il picco della Calabria, dove questa raggiunge il 17,7%.

 

L’Italia è il primo Paese europeo per numero di produzioni tipiche di qualità. A fine 2011 erano infatti 239 i prodotti Dop, Igp, Stg (Specialità tradizionale garantita),  riconosciuti a livello europeo, 20 in più dell’anno precedente. I settori con il maggior numero di riconoscimenti sono gli ortofrutticoli e cereali (94 prodotti), i formaggi (43), gli oli extravergini (42) e le preparazioni di carni (36).

 

I prodotti tipici si confermano dunque una componente significativa della produzione agroalimentare italiana e fattore di competitività nelle realtà agricole locali. Pur mantenendo talune caratteristiche tipiche dei prodotti di nicchia, il settore dei prodotti di qualità va assumendo nel tempo dimensioni sempre più importanti.

 

Possiamo dunque cercare di dare una “forte spallata” alla crisi proprio ricominciando dalla qualità.