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TESTO E FOTO DI

Giovanni Rossi

Piacenza da scoprire

Piacenza città triste, grigia ed austera, con un’identità incerta: emiliana o lombarda? Sono alcuni dei luoghi comuni che colpiscono questa città fino ad attecchire perfino tra i suoi abitanti. I quali, non a caso, poco tempo fa, sono stati impegnati – dallo storico quotidiano cittadino, “Libertà” - in un dibattito sulla tristezza o meno del luogo dove abitano. Posta all’estremo nord dell’Emilia, verso Milano (a cui è assai più vicina che al proprio capoluogo regionale, Bologna) è sempre stata considerata, per una qualche ragione, la città-cenerentola dell’Emilia-Romagna, diversa politicamente e culturalmente, con una propria specifica enogastronomia. Quando, in tempi lontani, il PCI dominava la scena politica regionale, qui era la DC il dominus della politica locale o, almeno, lo è stato fino al 1975.

Eppure… Eppure la città vale una visita, la sua provincia vale una visita e qualche cosa di più visto che non sono pochi i vip che nelle vallate piacentine hanno collocato il loro “buen retiro”. Recentemente la Val Tidone è stata definita la “Capalbio del Nord” per l’alta concentrazione di personaggi pubblici che la frequentano o, addirittura, vi hanno casa (che poi, in alcuni casi, sono delle vere e proprie tenute di campagna). L’elenco è significativo: Alessandro Profumo, ex-amministratore delegato di Unicredit (che vi ha casa); l’editore Alessandro Dalai (casa editrice Baldini & Castoldi) frequenta la vallata piacentina da 15 anni; i giornalisti de “la Repubblica” Michele Serra e Giuseppe (Peppino) Turani vi hanno casa e nel caso di Serra, vi produce anche vino e altro. L’elenco prosegue con gli economisti Jody Vender e Guido Rossi; la famiglia di stilisti Etro; la notissima pubblicitaria Annamaria Testa. Noti esponenti del mondo della politica non vi abitano, ma sono dei frequentatori abituali della zona in occasione della ricerca dei funghi e delle feste paesane dedicate alla zucca ed alle galline. Parliamo di Umberto Bossi e Giulio Tremonti. In un’altra zona del piacentino, la val Trebbia, c’è la casa della cantante Gianna Nannini. Un bell’elenco.

Si sbaglierebbe, però, se si pensasse che solo le valli valgono la visita. Il capoluogo di provincia è sì una città austera, ma conta chiese di notevole bellezza ed interesse artistico e oltre allo splendido Palazzo Gotico, il miglior esempio italiano di tale stile, tanti sono i palazzi nobiliari e di valore presenti nel centro storico. Senza contare la reggia ducale, poco visibile perché soffocata tra piccole stradine a pochi passi dalla Piazza centrale (chiamata Piazza Cavalli perché caratterizzata dai bellissimi monumenti equestri del Mochi a due esponenti della famiglia Farnese, Ranuccio ed Alessandro, che dà il nome anche alla imponente rocca a due passi dal Po). Un Palazzo, la Reggia, di valore, non a caso scelto dalla Banca d’Italia come sua sede per il nord del Paese.   

La città, in questi mesi, offre interessantissime visite a chi ha interessi culturali. Citiamo la possibilità di salire fino alla cupola di Santa Maria di Campagna – un Santuario-Basilica assai bella, ai margini del centro storico, appunto verso la campagna - per ammirare gli affreschi del Pordenone. Va ricordato un evento storico legato a questa chiesa che pochi certamente ricordano. Nel 1095 qui Papa Urbano II tenne un Concilio-Dieta ed annunciò la prima Crociata, ragione per la quale il piazzale antistante la chiesa è stato denominato “Piazzale delle Crociate”. Fa un certo effetto immaginarlo gremito di armigeri che proclamano “A Gerusalemme! A Gerusalemme!”. Non sappiamo se gli armigeri vi fossero davvero, ma la fantasia non può che immaginarlo. La salita al Pordenone, attraverso un percorso accidentato, ma per nulla pericoloso, consente di valutarne da pochi metri l’opera, mentre laggiù, dal centro del pavimento della chiesa, si può ammirare l’insieme della cupola e vedere dal basso ciò che dall’alto non è possibile: il punto dove è dipinta l’immagine di Dio ed al quale tendono tutte le figure del complesso lavoro realizzato dal Pordenone e, in alcune parti, da un suo allievo. Queste ultime riconoscibili da un tratto e da colori leggeri, meno netti e forti, michelangioleschi, come quelli del Maestro.

E’ un’emozione notevole salire fin lassù, pensare la fatica e le difficoltà superate dal pittore per realizzare l’opera (per la quale si fece pagare una cifra che, pare, non fosse indifferente per l’epoca) e poter spaziare dall’interno sulla chiesa da una prospettiva inconsueta e all’esterno sull’insieme della città.

Vale la pena, giustifica il viaggio.