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TESTO E FOTO DI

Matteo Franzoni

Girovagando per Modena

Alla ricerca dei protagonisti del Festival della filosofia

In giro per Modena, alla ricerca dei personaggi che stanno intrattenendo il pubblico della quattordicesima edizione del Festival della filosofia, che quest’anno vede sviluppato il tema della gloria. Tra comici, cantanti, professori e disegnatori a zonzo tra le vie di Modena in cerca di capire cosa sia la celebrità nell’epoca moderna.

 

Incontro con Alessandro Bergonzoni


Nel tragitto che conduce a Piazza Grande incontriamo Alessandro Bergonzoni, comico e attore bolognese. Ci racconta che in serata deve trasferirsi da Modena a Carpi per realizzare una lezione magistrale dal titolo “all’ombra della gloria del palmo di mano”, dalla G alla A, iniziale e finale del termine gloria. Dice che per essere gloriosi bisogna fare e pensare senza rendersi conto di fare e pensare, essendo consapevoli che la gloria è sospesa anche perché molti non la meritano.

A suo parere non si può essere chiamati a parlare ad un pubblico di amori, gloria e celebrità solo perché si è attori o personaggi famosi altrimenti si andrebbe a parlare di celebrati, decelebrati e decelebranti.

Presto presenterà il suo nuovo libro dal titolo la morte scritto “l’amorte” parola che ha sia amore che morte ma che non vince ne l’uno ne l’altro. È un libro edito dalla Garzanti ed è la sua prima fatica riguardante il mondo della poesia. Precedentemente ha scritto altri libri (Le balene restino sedute, È già mercoledì e io no) solo per citare qualche titolo, ma questi scritti non gli hanno dato gloria, successo e fama però gli hanno permesso di creare un ponte per arrivare al pubblico.

Non si sente famoso nè glorioso, piuttosto è captato dal pubblico e ribadisce che per lui è fondamentale la ricerca dell’energia che lui sprigiona e quella che gli altri possono trasmettergli.

Conclude dicendo che nella serata di Carpi non farà una relazione intesa come una stesura di una tesi, ma una relazione nel senso di relazionarsi con il pubblico provando a creare un magico cortocircuito di benessere.

 

Chiara Saraceno in Piazza Grande


Lasciamo Bergonzoni e i suoi giochi linguistici per arrivare in Piazza Grande, gremita di gente, per ascoltare la lezione magistrale di Chiara Saraceno, professore di ricerca a Berlino, sul comandamento : “onora il padre e la madre”. Chiara, che si è spesso occupata di mutamenti e politiche della famiglia, oltre alla figura della donna e al tema del welfare, ci spiega che non è più come un tempo quando bastava il rapporto generazionale e sociale per poter essere rispettati ma il rispetto e la gloria vanno conquistati. Onora il padre e la madre è un comandamento segnato da tensioni e ambivalenze che ha significato - nella tradizione biblica - non solo rispetto dei genitori, ma responsabile e fattiva dedizione a essi. Ma quale può essere oggi la dimensione del "rendere onore" scissa da una gerarchia fondata sul potere e sulla presunzione della saggezza dei più vecchi? Una riflessione che si spinge fino all'orizzonte attuale, dove il rapporto tra generazioni si fa sempre più complesso e la vecchiaia dei genitori irrompe talvolta drammaticamente nella vita dei figli.

 

Maria Fernanda Veron


Lasciando Piazza Grande ci incamminiamo per le vie del centro storico insieme ai tanti presenti e incontriamo Maria Fernanda Veron, un’artista che presenta opere grafiche e installazioni dal tema sacro e tribale che riportano alla ritualità e alla preghiera sia in senso sacro che profano. L’artista ha origini argentine e si è ispirata alle sue terre e alle tradizioni legate alla filosofia di vita degli antichi Inca.

Maria Fernanda ha inteso la gloria come senso di responsabilità della propria terra glorificando ciò che essa offre, le opere hanno un senso materico naturale, sono stampe fotografiche su carta con elaborazioni a fuoco e immersione in cera d’api calda asciugate successivamente all’aria. Anche l’elaborazione stessa è un rito sacrale per rendere gloria agli elementi aria, acqua e fuoco.

 

La gloria del proprio corpo


La passeggiata per le vie limitrofe alla Ghirlandina prosegue e facciamo la conoscenza di Silvia ed Eva, che gestiscono uno studio di architettura (la THC ARCHITECTURE VISUAL COMMUNICATION) e ospitano mostre che possono essere collegate a grandi eventi cittadini come il festival della filosofia slegandosi così dal semplice studio di architettura a qualche cosa di più che a volte trascende in arte giovane e underground.

Hanno presentato con una performance i tatuaggi della Yakuza (la mafia giapponese) giocando con le parole INGLORIOUS o inglorioso cioè senza gloria in quanto la Yakuza è famosa anche per i particolari tatuaggi che decorano l’intero corpo degli affiliati.

I disegni sono i più diversi, ma ci sono dei soggetti più comuni come il dragone e la tigre.

In oriente quanto più il corpo è tatuato quanto più si ha onore e rispetto tra quelli del clan.

In occidente assume un significato opposto, ovvero portare sulla pelle questi segni è glorioso data la sofferenza delle incisioni e la loro bellezza sia grafica che cromatica.

La realizzazione del drago di Elena, la scenografa che ha collaborato all’installazione, è un’occasione per THC per rivestirsi di una pelle nuova e dorata che porta alla gloria, il tutto coadiuvato da illustrazioni che descrivono il percorso umano verso il rispetto e la fama.

Il percorso per realizzare i tatoo della Yakuza è lento e doloroso. I rezumi sono tatuaggi fatti senza la moderna penna per tatoo fastfood, ma disegnati tramite incisioni sulla pelle con una canna irta di aghi che ripetutamente vengono intinti nel colore per poi essere immessi nel corpo formando splendide opere d’arte che possono avere tempi di esecuzione anche di sette anni, tempo in cui si unisce una consapevolezza di se e del proprio corpo così come il drago realizzato totalmente a mano, squama per squama, ha dato tempo per riflettere, per raggiungere se stessi e la propria gloria.

 

Guido De Maria a ruota libera


Raggiungiamo poi la Manifattura Tabacchi, dove all’interno della galleria D406 è stata allestita la mostra “Da carosello a Supergulp” e incontriamo la figlia di uno dei grandi protagonisti dell’animazione modenese, Secondo Bignardi, scenografo e cartoonist, tanto per dirne una il famoso omino della Bialetti prese vita dal suo estro.

 

Grazie alla sua moviola, una delle poche rimaste in Italia (conservata gelosamente dai familiari ed esposta soltanto per il Festival della filosofia), presero vita Nick Carter e Alan Ford nonchè la sigla di Supergulp.

Bignardi nacque a San Damaso, in provincia di Modena e con le sue opere contribuì a dare gloria e lustro alla sua terra natia. Pluripremiato, ha collaborato con i più grandi carosellari dell’epoca e con grandi disegnatori del calibro di Bonvi, Hugo Prat e Guido De Maria, vignettista umoristico prima, carosellaro poi, divenuto ora pubblicitario (sono una sua invenzione i nanetti della Loacker).

 

De Maria racconta di avere iniziato mostrando alcune vignette a Enzo Biagi che dirigeva Epoca e il direttore rimase favorevolmente colpito.

Poi si accorse della pubblicità e iniziò con un grande successo nel 1976: il carosello dell’amarena Fabbri con Salomone il pirata pacioccone disegnato da Ebro Arletti, partecipò alla regia e alle musiche del cartone animato Francesco Guccini, come sceneggiatore ci fu il grande disegnatore Bonvi, emiliano anche lui. Ricorda il carosello della Cera Gray con i Brutos e altri caroselli con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Poi passa al racconto della nascita dell’ultimo carosello fatto da lui, quello delle cucine Scic. Questo carosello ha avuto un parto molto travagliato a causa della censura della Sacis: era l’anno del centenario della morte di Alessandro Manzoni e De Maria pensò di fare la parodia dei Promessi Sposi con la musica di Franco Godi. La storia raccontava di Renzo e Lucia che volevano sposarsi ma Don Rodrigo disse no. Lucia sbottò ”Ma come, abbiamo già comprato la cucina, è una cucina Scic” e a questo punto Don Rodrigo non può che dire “Sì, anzi Scic”.

 

Si presenta con story board e sceneggiature dal dottor Montese della Sacis che lo spedisce via in malo modo dicendogli che si doveva vergognare a prendere in giro il Manzoni proprio nell’anno del centenario. Tornato a Bologna vide i manifesti del padrino e di botto ecco l’idea nuova: Rosario e Rosalia si vogliono sposare ma il padrino al matrimonio dice di no, poi Rosalia dice di avere già comprato una cucina Scic e il padrino allora dice “Sì, anzi Scic”. Torna a Roma  con la sceneggiatura e la musica ambientata in Sicilia.

Anche questa volta è cacciato via in malo modo, anzi peggio, sentendosi dire che in televisione non si parla di mafia. Girovagando tristemente per Roma si imbatte in un corteo di femministe che gridano le loro ragioni. De Maria rimane folgorato e si precipita a telefonare al dottor Montese comunicandogli la sua geniale idea: pensi alla Sicilia e alle condizioni femminili, pensi se questa donna avesse il potere di far risorgere il matriarcato siculo, non sarà più il padrino ma sarà la madrina.

 

Dopo qualche istante di silenzio sentì “Questa si che è un’idea strepitosa” e andò in onda con la madrina con i baffi che invece di andare dal barbiere andava dal parrucchiere.

Tra il 1969 e il 1971 Giancarlo Governi, giornalista e responsabile del Reparto Programmi Speciali della RAI iniziò a sviluppare l'idea di un programma, ispirato da un carosello di Paul Campani, che portasse letteralmente i fumetti in TV. Contattò lo studio di Guido De Maria, ed insieme al grande disegnatore Bonvi (papà di Sturmtruppen) iniziarono a realizzare il programma, che andò in onda a partire dal 1972 sul Secondo Canale della RAI. Bonvi, insieme al regista De Maria, creò per l'occasione un nuovo personaggio: Nick Carter, doppiato da Carletto Romano con la sua voce originale (per intenderci era il doppiatore di Jerry Lewis e Don Camillo e tanti altri).

 

Poi ricorda Secondo Bignardi e l’immane fatica di realizzare questi fantastici fumetti, (si pensi che per ogni secondo servivano 24 disegni). I filmati duravano circa 10 minuti quindi sarebbe servita una montagna di disegni, si pensò allora di semplificare a 80 disegni per 10 minuti, doppiati con la trama della storia dando così l’impressione della lettura di un fumetto e inventando il linguaggio del fumetto in tv.

 

De Maria rende un omaggio particolare al Bonvi sceneggiando con un cappello prestato dal pubblico il loro primo incontro, quando lui aveva lo studio con diversi disegnatori e si sentiva un piccolo imprenditore. Al colloquio di assunzione di Bonvi ci fu un dialogo serrato di prese in giro fino a quando De Maria salì in piedi sulla scrivania e con il cappellino in testa e la voce di Jerry Lewis inscenò un discorso pazzo sugli interessi di Bonvi e lui divertito ma serio più che mai chiese “Senta, quanto vuole per farmi lavorare qui da lei?” Nacque un sodalizio e un’amicizia stupenda. E con questi ricordi all’ombra della Ghirlandina Guido De Maria ha reso gloria e onore al Carosello, a Supergulp e  ai suoi ideatori.

 

Samuele Bersani e la sua musica


E per finire la serata torniamo verso Piazza Grande dove troviamo Samuele Bersani, romagnolo DOC che ha glorificato sua mamma, spiegando che appunto fa di nome Gloria.

Ha ripercorso i suoi 20 anni di carriera musicale insieme al pubblico raccontando un po’ della sua vita e dei suoi incontri con glorie musicali che ha incrociato lungo il suo cammino artistico. Ha parlato di Sanremo, della sua amicizia con Lucio Dalla e della sua famiglia. Celebre ma “anti-divo”, talentuoso cantautore di successo e autore di testi di grande intensità poetica Bersani è stato accolto da centinaia di persone. Il pubblico è rimasto estasiato e lui ci dice di esserne felice perchè questo dimostra che il suo impegno di tanti anni non è stato gettato alle ortiche, non si definisce famoso, ma modestamente ci dice che vuole credere di far bene il suo mestiere ma come lo faccia non lo sa spiegare. Facendo ascoltare le sue melodie accompagnato dal pianoforte Samuele Bersani ha saputo riscaldare Piazza Grande chiudendo melodiosamente il sabato modenese del Festival della filosofia.