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TESTO DI

Alessandro Maresca

La professione del giornalista è cambiata

Si è passati dall’”artigiano della notizia” all’”impiegato di redazione”

“Sempre meglio che lavorare”… Era questo il titolo di un libro scritto da Luca Goldoni  nel 1989, che faceva riferimento al mestiere di giornalista. Lo stesso titolo, a cui era stato aggiunto “La professione del giornalista”, è stato dato più recentemente (nel 2008) a un libro di Michele Brambilla.

D’altra parte Luigi Barzini storica firma del giornalismo italiano, scomparso nel 1984, aveva affermato: «Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari lunghi, anche notturni e festivi, ma è sempre meglio che lavorare».

Bei tempi. Adesso i giornalisti, quei pochi ancora rimasti, lavorano sodo, probabilmente più di una volta, ma sicuramente con minori soddisfazioni. Negli ultimi anni il giornalista da “artigiano della notizia” si è trasformato in  “impiegato di redazione”, con conseguenze disastrose sia sulla qualità delle notizie sia sull’entusiasmo degli stessi operatori dell’informazione.

 

Difficile dare la colpa a qualcuno o qualcosa, ma il mestiere di giornalista è radicalmente cambiato. La crisi dell’editoria da una parte e la necessità, che gli editori talora hanno portato all’esasperazione, di risparmiare soldi per non chiudere, e l’avvento dell’era digitale dall’altra, che ha velocizzato e modificato il flusso delle informazioni, hanno creato un vero e proprio terremoto nel mondo del giornalismo.

Purtroppo gli stessi giornalisti hanno sottovalutato entrambi gli aspetti e adesso si trovano a fare i conti con una situazione dalla quale si fa fatica a venir fuori, mentre è in atto un forte taglio all’occupazione. Allo stesso tempo chi ha avuto la fortuna di  poter continuare a lavorare si è dovuto rapidamente aggiornare per stare al passo con le nuove tecnologie editoriali e con il nuovo rapidissimo flusso e diverso taglio delle notizie.

 

Una trentina di anni fa il giornalista lavorava come un vero e proprio “artigiano della notizia” e veniva  lasciato sicuramente molto più spazio all’estro e alle capacità personale. Allora c’era per altro  molto più tempo per  andare in giro a raccogliere informazioni e, con le conoscenze giuste, si poteva avere accesso ad informazioni uniche. Queste permettevano, al giornalista che sapeva lavorare bene, di realizzare servizi e scoop che davano ad ogni notizia e di riflesso ad ogni giornale, un’unicità che scarsamente si riscontra oggi, era dei giornali e notizie fotocopia.

Per fare un quotidiano o una rivista c’erano moltissimi giornalisti e ognuno di questi aveva il compito di organizzarne una parte, spesso neppure troppo corposa. Ma lo spazio veniva riempito con competenza e attenzione, cosa che attualmente, per una serie di motivi, non sempre avviene.

Oggi i giornalisti sono sempre meno e gli spazi da riempire sono cresciuti. Si fa sempre più ricorso a collaboratori esterni (mal pagati e poco motivati) e i giornalisti-coordinatori di redazione, che rischiano di perdere i contatti con la realtà esterna, hanno spesso molte pagine da chiudere rischiando, a causa della fretta e di una competenza non sempre all’altezza della situazione, di fare un lavoro non adeguato. Nasce così la figura dell’”impiegato di redazione” che, fra veline (non mi riferisco alle ragazze di Striscia la Notizia ma a notizie d’agenzia e comunicati stampa) e pezzi non sempre di comprovata qualità e indipendenza, spesso costruisce il giornale utilizzando un “taglia e incolla” che certamente non qualifica la professione giornalistica.

 

Insomma stiamo assistendo a un profondo cambiamento dell’impostazione della comunicazione. Oggi è internet il mezzo che viene “spremuto” per ottenere informazioni in tempo reale mentre il giornale, ad esclusione degli anziani “meno evoluti” (dal punto di vista informatico, naturalmente), è ormai solo visto solo come uno strumento di approfondimento (approfondimento che spesso però è comunque possibile trovare anche o line) o di riferimento per leggere qualche commento.

La notizia ormai non è più soltanto scritta ma viaggia in streaming audio e video per una completezza (a volte eccessiva) della notizia stessa (comunque non sempre attendibile) e rispondere alle esigenze di un fruitore dell’informazione (la parola lettore è superata) sempre più ingordo d’informazioni, senza poi spesso avere la capacità di discernere quelle di qualità da quelle più dozzinali.

 

Fare il giornalista oggi non ha più quel sapore di avventura e di “missione” come un tempo e sta perdendo quell’aura di leggendarietà, anche se non sempre meritata, che circondava i giornalisti.

Nonostante ciò ci sono ancora decine e decine di giovani che, per tentare la strada del giornalismo e sperare (solo quello!) di trovare un posto in una redazione, continuano a farsi sfruttare confezionando articoli, spesso anche ben scritti, per una manciata di euro…

E allora, adesso, forse la situazione si è ribaltata: “meglio lavorare che fare il giornalista”. ...Sempre che si trovi da lavorare. E, con i tempi che corrono, la sfida è in ogni caso ardua!