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TESTO E FOTO DI

Matteo Franzoni

Chiacchiere ad alta velocità con Leo Turrini

Il giornalista sportivo ospite al Maggio Fioranese

Leo Turrini, grande giornalista sportivo di fama internazionale, racconta di sé e del suo rapporto con il grande Ayrton Senna all’estasiato pubblico del Teatro Astoria, da sempre sensibile al tema della Formula Uno, della velocità e dei grandi piloti che in queste zone hanno acceso cuori e passioni.

 

Turrini e l’amore per il giornalismo


Conosciamo Leo Turrini, giornalista sportivo modenese che esordisce dicendo di essere fortunato perché fa quello che ha sempre desiderato fare e che ama spassionatamente. All’età di otto anni dirigeva il giornalino della scuola, questo a testimoniare che il suo amore per il giornalismo è nato in tenera età e racconta che ora incita le figlie a perseguire i loro sogni non badando meramente al lato economico della questione lavorativa.

La sua idea di giornalista è quella di testimone, di colui che narra le cose che vede per chi non è presente e aggiunge  che praticando questo mestiere non ha mai avvertito la noia,  la routine e la fatica.

Turrini, un giornalista di calcio, volley, bici ma soprattutto cronista di Formula Uno e non solo, un vero e proprio scrittore di libri con alle spalle decine di testi pubblicati.

 

Il libro “In viaggio con Ayrton”


Leo Turrini ha scritto questo libro su Senna perché ha avuto la fortuna di conoscerlo e desiderava rendere omaggio al grande pilota nel ventesimo anniversario della sua scomparsa mettendo nero su bianco la loro amicizia. Il titolo del libro è “In viaggio con Ayrton” perché incomincia proprio con la descrizione dell’ultimo viaggio fatto assieme sul volo che da Parigi riportò Senna a San Paolo.

Ricorda l’autore che sebbene le leggi internazionali imponessero che le salme dovessero essere site nelle stive, il comandante aveva deciso invece di farlo viaggiare in business come fosse un passeggero perché Senna per il Brasile era un idolo irripetibile; rimembra ancora di aver partecipato a quella veglia funebre unica a 10.000 metri di quota, di aver visto e toccato da vicino l’emozione di un popolo perché appena arrivati a San Paolo c’erano cinque milioni di persone ad aspettare la salma, a suo parere una della più grandi forme di partecipazione collettiva a un lutto, paragonabile forse a quello di Gandhi in India.

 

Interventi esterni e ricordi a ruota libera


Luca Sgarbi, giornalista della Gazzetta di Modena e direttore sportivo per Tele Radio Città, intervista Turrini e approfondisce i temi del libro. Ospite in sala l’ingegnere Mauro Forghieri, 4 premi mondiali Piloti e 7 mondiali costruttori, figura storica per la Ferrari. Presenti anche Scaramelli, Levoni, Prandini e altri meccanici che hanno fatto la storia della Rossa e intervento telefonico a sorpresa da Londra di Stefano Domenicali, fino a pochi giorni fa capo del reparto corse della Ferrari, che risponde commosso dicendo che si sente ancora un ferrarista dopo aver lavorato a Maranello per quasi un quarto di secolo.

Poi Turrini con grande esperienza e tanta malizia chiede a Domenicali se gli dispiace che la Ferrari vada così forte dopo che se ne è andato.. e l’ex ne esce dicendo di non aver capito la domanda..parte l’applauso del pubblico divertito.

Poi Domenicali racconta del suo rapporto con Senna, ricorda un ragazzo speciale, un riferimento per i colleghi. Il ricordo più tragico è legato al silenzio dopo l’impatto dell’incidente che strideva con il rumore assordante di un istante prima delle vetture in corsa.

Salutato Domenicali con un applauso Luca Sgarbi ci introduce al talento Ayrton utilizzando tre aggettivi, passionale perchè brasiliano, fenomenale tanto è vero che all’epoca quando uno andava forte si diceva “ma chi si crede di essere, Senna?”,  il terzo è istituzionale perché lui era la Formula Uno.

Turrini scrive nel libro che la morte di Senna ha avuto lo stesso peso della morte di Kennedy.

La gente percepisce un qualcosa di particolare nei confronti di Senna, non è rimasto nella memoria collettiva esclusivamente per le sue imprese sull’asfalto, la pubblica opinione era arrivata a cogliere l’intimità del personaggio che dopo la morte lo ha trasformato in un santo.

Questo perchè Senna non era un eroe senza macchia ma era uno di noi con pregi e difetti, con forze e debolezze, rincara la dose Turrini dicendo che lui lo ha conosciuto bene e che Senna per vincere avrebbe asfaltato sua madre, per il pilota la vittoria era tutto, era un’ossessione,  era nato per vincere, non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di vincere e non lo nascondeva. Diceva Senna che non si piaceva come individuo umano riguardandosi e vedendo certe scorrettezze commesse in pista pur di vincere.

Senna piaceva a tutti, atterrati in Brasile a dargli l’ultimo saluto c’erano puttane e preti, gente comune e personaggi di spicco, Ayrton piaceva proprio perché non aveva la pretesa di essere un modello di comportamento alimentando un senso di perdita pazzesco.

Ormai gli addetti ai lavori erano convinti che la morte sui circuiti non esistesse più confortati anche dal terribile incidente avvenuto il venerdi prima a Barrichello che ne uscì indenne.

A dare un preavviso ci fu il sabato dove morì un pilota sconosciuto ai più, Roland Ratzenberger e Turrini, accusando il cinismo dei giornalisti racconta che tutti dissero che un pilota di 30 anni deve mettere in conto di poter morire sulla proprio monoposto quasi fosse colpa sua e rammenta con vergogna il titolo di prima pagina : “O smettere di correre o smettere di piangere” per sottolineare che era capitato, ma era capitato a uno a cui poteva capitare. Ventiquattro ore dopo muore in quel terribile weekend a Imola il campionissimo e la certezza della presenza della morte sulle piste si fa più che concreta.

Con una sorta di incoscienza collettiva tutti, dagli organi di stampa alla gente comune, dopo l’incidente del sabato erano pronti a guardare eccitati l’ennesimo duello tra Senna e Schumacher poi la tragedia ha aperto gli occhi a tutti.

 

Senna e la sua irruenza sportiva


Senna in più di un caso ha cercato di sbattere fuori i suoi avversari e non lo ha mai nascosto. Diceva “ho cercato l’incidente” e piaceva anche per questo, perché era prima di tutto un uomo con tutti i suoi difetti. A Enzo Ferrari piaceva Senna ma lo considerava una testa calda. Il campione nei box parlava con tutti e a tutti diceva “io sono qui a vincere perché Gesù mi aiuta”, aveva in mente Gesù perchè pensava che fosse più vicino ai poveri delle favelas e lui era orgoglioso di essere brasiliano.

1989 Suzuka, tra Senna e Prost non corre buon sangue e il pilota confessa al giornalista che se si fosse trovato in situazione di parità con l’avversario lui lo avrebbe buttato fuori pista… Detto fatto, un anno dopo confessa di aver deliberatamente cercato l’incidente per la vittoria.

Ancora oggi Turrini si chiede se Senna avesse anche minimamente messo in conto la possibilità dell’incidente mortale, ma il campione piaceva anche per questa sua irruenza.

 

Senna e la sua religiosità


Alla fine degli anni 80 il dichiarare pubblicamente il proprio credo poteva essere controproducente, poteva portare al dileggio. Ma Senna era molto coraggioso e addirittura nel 88 sempre a Suzuka dichiarò che all’ultimo giro prima della vittoria gli apparve Gesù sotto il casco. Il pilota è sepolto in maniera semplice a San Paolo e vi è solo una scritta che recita: nulla mi potrà separare dall’amore di Dio.

Una leggenda legata alla rivalità tra Senna e Prost…con la MacLaren entrambi in gara per la pole position a Montecarlo, Senna disse a Prost “non provare nemmeno a vincere, vinco io perchè me lo ha detto Dio”

Prost ribatte “Peccato che a me Dio non ha detto niente”

Vinse Senna e ancora oggi il record a Montecarlo è del campione brasiliano.

 

Imola luogo speciale


L’unica volta che non riuscì a qualificarsi fu proprio a Imola nel 1984 con la Toleman e Senna mal sopportava questo sfregio. Si impegnò a più non posso dall’anno successivo sul circuito italiano rendendolo il suo tempio della velocità, dall’ 85 al 91 ininterrottamente, con auto diverse, la pole position fu sempre di Senna. Racconta Turrini che andava a Imola ma sapeva già che la cronaca la poteva fare sempre uguale, il primo posto era di Senna perché per lui era una questione di onore essere primo a Imola, anche quando morì al sabato fece comunque la pole e morì in testa alla gara, anche questo contribuì a rendere il pilota un mito e il fato volle che l’ultimo ad aver visto il pilota in vita fosse Schumacher che era alle sue spalle.

 

Il campione dal volto umano


Se Senna era combattivo e irruento in gara con gli avversari forse era perchè ne comprendeva il valore.

Con i giovani piloti invece, anche in caso di errori, aveva parole di incoraggiamento e conforto.

Racconta ancora Turrini: all’interno dell’abitacolo disintegrato trovarono una bandiera austriaca, dopo l’incidente del giorno prima era sceso in pista ugualmente con l’intenzione di vincere ma era sua intenzione sventolare assieme alla bandiera brasiliana anche il vessillo austriaco per rendere omaggio al collega deceduto e questo la dice lunga sulla sensibilità di Senna come uomo.

Ayrton, uomo duro con gli avversari ma dolce e sensibile con la sua auto, non dava mai l’impressione di strapazzare l’auto, mai una frenata più brusca del necessario o derapate eccessive, afferma l’ingegnere Forghieri che aggiunge “ha guidato auto che potevano non essere grandi e vincenti ma con lui lo sono diventate”.

 

L’aneddoto


Il giorno delle prove, prima del letale incidente andò ai box a trovare Senna l’accerrimo nemico Prost che ormai si era ritirato dalle gare da un paio di anni. Senna aveva montata una telecamera dotata anche di audio perché stava girando uno spot pubblicitario. Dai box gli comunicarono che c’era qualcuno per lui senza dirgli chi fosse e l’audio registrò la famosa frase “Ciao Alen mi manchi”, forse una frase premonitrice detta come per far pace prima del tragico evento.